
LA FESTA. MUSEO DELLE CIVILTÀ E DELLE TRADIZIONI DI ROMA
| di Susanna Cati |
Il Museo delle Civiltà situato nel quartiere EUR di Roma in due edifici simmetrici, Il Palazzo delle Scienze e Il Museo delle Civiltà e delle Tradizioni, è un’istituzione complessa.


Il percorso museale del Palazzo delle Arti e Tradizioni popolari italiane, si articola attualmente in 3 sezioni tematiche tra loro connesse. La prima sezione descrive le varie cerimonie religiose e comprende i modelli in scala delle macchine a spalla processionali o le versioni monumentali originali; seguono le sale dedicate ai trasporti alle feste ai giochi e agli spettacoli di piazza. Nella seconda sezione troviamo tutto quello che appartiene al corredo dell’abitare domestico; la terza analizza gli scenari dei vari mestieri, dall’artigianato al lavoro marinaro, agricolo e pastorale.

Approdata al Museo per vedere una mostra temporanea, sono stata catapultata in questo che è uno dei più antichi musei di Roma ma anche uno dei meno conosciuti per rimanerne meravigliosamente sorpresa e affascinata!
Varcata la soglia di una grande sala dal rigore “razionalista”, vengo colpita da una frase di Thomas Mann: “Passato è, è sempre, anche se l’espressione del popolo suona: fu. Così parla il mito che è soltanto la veste solenne del mistero, ma la veste solenne del mistero è la festa che ritorna a date fisse, supera le temporali distanze e agli occhi del popolo rende presenti il passato e il futuro.”
In queste grandi sale, all’interno di nicchie murarie o piuttosto lungo la scalinata osserviamo le grandi macchine a spalla processionali delle feste tradizionali popolari, un elemento che accomuna le feste votive di molte città italiane.

Comunità con storie differenti e territori diversi sono depositarie ancora oggi di un rituale secolare che conserva intatta la sua fascinazione. I monumentali Gigli di Nola, I Ceri di Gubbio, I Candelieri di Nulvi sono esposti nella loro magnifica monumentalità e realizzati artigianalmente.
L’offerta della fatica fisica necessaria a muovere le macchine che arrivano a pesare decine di quintali, rendono l’idea di quanto sia decisionale lo sforzo condiviso da tutti, senza distinzioni di ceto, cultura, età. La ripetizione dei percorsi processionali rinnova continuamente di anno in anno il senso di appartenenza e conferma nonostante tutto l’identità sociale.

Splendidi i modelli in scala delle macchine di Santa Rosa (Viterbo) o della Varia di Palmi. La festa esiste da sempre e mostra la necessità di rapportarsi con il mistero e col significato del vivere oltre che richiamarsi alle metodologie nell’elaborare la concezione della festa, inoltre mantiene ancora una connotazione sacrale laddove per Sacro intendiamo un sentimento che non capiamo ma di cui abbiamo assoluto bisogno – come appunto scrive bene Tomas Mann.
Grazie alla festa la nostra identità rimane ben salda, legata alle tradizioni e alla memoria degli avi. Un filo che si dipana e si riannoda per dare continuità a una tradizione.

Scopro con piacere che Il patrimonio delle macchine processionali delle feste tradizionali Popolari è strato iscritto dall’Unesco nel Patrimonio Immateriale dell’Umanità e invito tutti a fare un viaggio emozionale dentro questo meraviglioso museo.

